Frase della settimana

"Le falesie xe la sagra dell' illogico"
T.Gigio

mercoledì 30 maggio 2012

Nanos terra di conquiste... alpinistiche!


Quanti di voi, passando per i stretti viottoli di Strane, quel simpatico paesetto adagiato ai piedi del Nanos, hanno guardato verso la cima più alta del massiccio del Nanos, il Suhi Vrh e da essa, come ammaliati da una strana magia, hanno scorto quel perfetto canalone che da essa discende con perfetta verticalità sino alla base del pendio ed hanno percepito uno strano desiderio di percorrere tale perfezione per poter tracciare una salita di una sublime logicità? Lo so, lo avete pensato più e più volte, tormentati persino nel sonno, turbati da tale inesprimibile desiderio. Mai però non avete osato tale ardimento, mai avete mosso un passo verso questo innominato canalone. Troppo ardita vi sembrava l'impresa!


Finalmente è arrivato colui che con estremo coraggio, disprezzando i vili utensili di aiuto offerti dalla modernità ha con grande arditezza risolto tale problema, uno dei numerosi problemi irrisolti delle Alpi e del Carso. Qui di seguito troverete il racconto di tale indomita impresa scritto direttamente dall' autore! Complimenti a G-Shiro!

Sono le 3 del pomeriggio.

Gia' da una decina di minuti sto osservando i ripidi pendii innevati del Nanos, alla ricerca di una linea di salita che si incunei elegantemente tra le banconate rocciose che fasciano orizzontalmente l’avamposto meridionale della montagna. Nella mia mente risuona ancora la melodia metallica di ‘When the walls came tumbling down’, e questo alimenta in me l’arditezza nella ricerca.

Ha nevicato tutta la settimana, le macchine in posteggio sono sovrastate da muri di neve. Molti escursionisti stanno scendendo dalla “via normale”, prima che sopraggiunga il buio e il freddo si faccia di nuovo pungente, come accade nelle limpide giornate di bora.

All' improvviso lo scopro...


All’improvviso la scopro,... la mia linea, lontano a Nord, sui pendii che dal ciglione sottostante alla cima maggiore del Nanos, la Suhi Vrh, si gettano per oltre 400 metri verso la piana disabitata di Veliko Ubelisko. E’ un canalone che serpeggia tra pareti e radi boschi sospesi, un solco ben marcato nella sua parte superiore, dove forma una specie di gobba prima di uscire sulla sommita’ del ciglione. La vista frontale lo fa sembrare verticale, la leggera ombra che lo segue lo fa apparire freddo e repulsivo.

Il richiamo e’ immediato e forte. Calzo le ghette, carico l’attrezzatura nello zaino e mi dirigo verso la parete. Abbandono subito la strada asfaltata che conduce a Strane; da subito mi trovo a sprofondare nelle neve fino alle ginocchia, mentre la strada corre a meno di un centinaio di metri. Potrei approfittarne per guadagnare tempo e risparmiare le forze, ma non e’ quello che cerco. Cosi’ il mio avvicinamento prosegue attraverso campi innevati, boschi, torrenti. La direzione che devo seguire e’ impressa nella mia mente, come se avessi una bussola dentro di me e che il Nord fosse l’attacco del canalone. Cosi’ nonostante vaghi per quasi un’ora senza poter vedere la parete, con deviazioni continue per cercare la strada piu’ agevole, arrivo esattamente nel punto prefissato.

La vista da sotto e’ esaltante. Sotto la parete corre una specie di trincea larga una ventina di metri. E’ disseminata di macigni, e in essa la neve ha formato spessori ragguardevoli. Proprio sotto il canalone i resti di una recente valanga sovrastano anche i massi.

Decido di calzare i ramponi ed impugnare la picozza prima di uscire dal bosco. L’attraversamento della trincea e’ insidioso, visto che nella neve si aprono delle voragini che mi inghiottono fino al petto, ma finalmente...attacco il pendio. Piu’ salgo, piu’ mi accorgo della necessita’ dei ramponi, mentre affondo la picozza nella neve ancora profonda. Dopo un centinaio di metri il pendio si fa molto ripido, e sono costretto a tenermi sul margine destro del canale, dove posso aiutarmi con i piccoli tronchi che affiorano dalla neve a breve distanza l’uno dall’altro. Gli scarponi affondano sicuri e, con l’aiuto dei tronchi, ogni due passi sono un metro di dislivello. Raggiungo la meta’ della parete, da dove il canalone, visto dalla pianura, inizia ad apparire piu’ marcato. Qui esso si insinua tra fascie rocciose, gli alberi su cui aggrapparsi diventano sempre piu’ radi, ed inizio a salire su misto. Probabilmente sono sul terzo grado su roccia, ma la progressione su misto non mi e’ molto familiare. Cosi’ mi trovo a superare salti di roccia alti qualche metro, alla cui base la neve accumulata mi fa affondare fino al bacino. Mi libero sempre con difficolta’, piazzando la becca della picozza su qualche appiglio e alzandomi a fatica, per poi proseguire un po’ maldestramente in arrampicata, liberando appigli e appoggi dalla neve. ‘Con due picozze sarebbe molto piu’ agevole’, penso! All’uscita della paretina c’e’ sempre un provvidenziale alberetto, oltre al cui tronco passo la becca della picozza fino ad alzarmi e a poterlo afferrare con la mano. Talvolta all’uscita dalle rocce il canale continua a salire ripido, e la sensazione che una scivolata avrebbe conseguenze gravi si insinua nelle mia mente. Ma il divertimento e la soddisfazione superano di gran lunga l’apprensione. Non sempre e’ facile individuare i passaggi migliori, e prediligo sempre la via dove almeno all’uscita c’e’ qualche piccolo albero. Alla fine il canale si apre in un pendio ripido, che esce direttamente sul crinale. Immagino che tutta questa neve poggi su un tereno scosceso e spoglio, e che sara’ sicuramente molto instabile...Meglio non pensare troppo, e mi faccio distrarre da una decina di ungulati che, a destra, ormai sotto di me, sostano su un belvedere, guardandomi con noncuranza.

Quando esco sul ciglione gli ultimi raggi del tramonto accendono la parete di rosa.
Sono proprio contento e mi godo lo spettacolo! Valuto intanto il da farsi. Dovro’ trovare una via di discesa, perche’ di scendere per il canalone non se ne parla, troppi salti di roccia, impossibili da superare al buio! Ma confido che seguendo il crinale verso Est, trovero’ qualche via di discesa piu’ agevole. Mal che vada l’altipiano degrada fino ad un avamposto, che lo interrompe e che cala gradualmente sulla piana di Postumia.
Sono quindi molto tranquillo, pervaso da un senso di pace e serenita’, e decido di salire un po’ verso la cima, la Suhi Vrh, senza velleita’ di raggiungerla vista la tarda ora.

Ben presto mi rendo conto pero’ di alcuni piccoli particolari: la salita e’ quasi impossibile visto che qui, sul piano del crinale al margine del bosco, gli accumuli di neve sono enormi, e sprofondo fino al bacino. Nel bosco la situazione non e’ migliore perche’, dopo alcuni passi tranquilli, mi succede di cadere in buche riempite, causa il vento, dalla neve, e dalle quali esco con difficolta’ e non senza imprecazioni.
Il freddo col sopraggiungere della sera si fa sempre piu’ intenso, tanto piu’ che l’altipiano e’ sferzato da una bora gelida!
Torno presto sui miei passi e inizio a scendere nel bosco, fino ad affacciarmi nuovamente al crinale. La lieve luce del sole ormai gia’ tramontato da un po’ mi permette di vedere quello che avrei dovuto capire prima della salita, cioe’ che sotto tutto il ciglione corre un’alta parete rocciosa. Non resta che trovare un punto debole della parete, ma ormai non si vede quasi piu’ nulla. Sotto di me comunque la roccia fa un salto di una ventina di metri. Torno quindi nel bosco e continuo a scendere, sempre imprecando per la neve che improvvisamente si apre e quasi mi inghiotte.

La temperatura sara’ sui 10-15 sotto zero e il gelido vento mi ghiaccia le guance. Al solito il mio vestiario e’ insufficiente: maglia della salute, maglioncino con rinforzi in silicone (per chi se lo ricorda e me lo invidia), giubbotto leggero da sci compagno di mille avventure, e berretta di lana. Anche i guanti non sono dei piu’ pesanti e le mani che lavorano sempre nella neve per tirarmici fuori iniziano a gelarsi. Per di piu’ i vestiti sono bagnati dal sudore della salita e inzuppati di neve. La grande fatica che mi costa a ogni passo mi tiene ancora caldo, ma la stanchezza inizia a farsi sentire, non ho niente da mangiare, e non c’e’ tempo per riposare. Devo scendere al piu’ presto prima che qualcuno (ma chi?) si preoccupi per me! Se l’abbigliamento non e’ adeguato, la dotazione tecnologica e’ nulla: niente orologio, niente telefonino, e soprattutto niente frontale; a che mi serve una luce su un pendio nevoso? Mi chiedo se la filosofia di muoversi veloci e leggeri sia da rivedere, se infatti succede qualcosa...forse meglio la filosofia del Reverendo, veloci e pensanti... mah!

Per due volte raggiungo il crinale, inizio a scendere lasciandomi scivolare da albero ad albero, fino ad arrivare al limite di un salto di rocce. Ormai al buio quasi totale, con solo un debole quarto di luna a far distinguere le rocce scure dalla neve bianca, non capisco se il salto sia di pochi metri o e di altezza mortale. Il sibilo del vento copre ogni rumore e cercare di capire l’altezza della parete lanciando dei rami e’ impossibile. “Ecco a cosa serve la frontale su un pendio nevoso”, penso.

Cosi’ per due volte sono costretto a risalire fin sul crinale, e a proseguire per il bosco.
Il terzo tentativo e’ pero’ disperato. Mi rendo conto che di questo passo impieghero’ tutta la notte a scendere fino alla piana di Postumia per via sicura, devo assolutamente provare a calarmi tra le rocce. Dal crinale nuovamente raggiunto mi siedo e mi lascio scivolare giu’ per quello che sembra un canale. Mi lancio da albero ad albero, su ogni tronco mi fermo coi ramponi e poi mi aggrappo ad esso, puntando poi al tronco successivo piu’ in basso. Sono sceso piu’ delle volte precedenti, e sono determinato a continuare di qua, l’energia ormai e’ poca e risalire sarebbe molto dispendioso! La fortuna sembra dalla mia stavolta, perche’ non incontro ostacoli. Saro’ gia’ a meta’ della parete, e con questa velocita’ in breve sarò ai piedi di essa. Scendere cosi’ e’ una delle cose più divertenti...finchè dura!

Dopo un po’ mi accorgo che gli alberi sono finiti, dall’ultimo a cui sono avvinghiato mi affaccio ad un nuovo salto. Impossibile capirne l’altezza, valuto se risalire ma sono sceso decisamente troppo. Il salto non sembra essere altissimo, anche perche’ i rami piu’ alti di un albero che parte dalla base della parete raggiungono quasi la mia altezza. Non resta che arrampicarsi. Inizio a calarmi, tenendomi saldamente con la picozza e cercando di tastare con i ramponi dei solidi appoggi. Il muro e’ verticale, mi sembra di essere ancora molto alto rispetto alla base, e sulla roccia nera non trovo piu’ appigli e appoggi. Devo muovermi presto ma non so come proseguire. Non resta che un modo, un unico modo, sperando che tutto vada bene. Per gli amanti dell’avventura è come per un santo ricevere le stigmate! Ebbene si l’unico modo, la via verso la salvezza, e’ lanciarsi dalla parete verso l’albero, nell’ignoto, visto che non si vede nulla, cercando con un po’ di fortuna di aggrapparsi a qualche ramo. Il famoso metodo Rambo...! Impugnando la picozza come un coltello da sopravvivenza salto verso le ombre contorte dei rami, ovviamente non afferro un bel niente e dopo un volo di almeno quattro metri, ma che sembra infinito, atterro in un soffice materasso di neve, assieme ad alcuni rami spezzati...

Sono tutto intero!

E’ fatta” penso, il pendio non sembra piu’ ripido, la parete e’ finita! Ringrazio l’albero, e continuo la discesa, ora molto meno agevole e molto piu’ faticosa, visto che devo camminare e non posso piu’ lasciarmi scivolare. Cammino, cammino, la strada attraverso il bosco sembra non finire mai, scendo in doline e risalgo, attraverso fossi, mi faccio strada nel goviglio del bosco, supero zone con massi dove talvolta cado in buchi pieni di neve, l’entusiasmo ritrovato dopo il salto dalla roccia inizia a scemare. Il bosco sembra infinito. Finche’ giungo su una strada forestale, qui la neve e’ meno alta e non incorro nella seccatura o nel pericolo di sprofondare all’improvviso.

Un paio di chilometri e sono al paese di Strane. Armato di ramponi e picozza busso alla porta di una casa con le finestre illuminate. Sto interrompendo una dopo-cena di famiglia. Con stentato anglo-sloveno-italiota apprendo che sono le 21 e 30 e chiedo se posso fare una telefonata, e l’anziana padrona di casa, dopo che mi sono tolto i ramponi, mi fa entrare. Ci sono con lei il figlio con la famiglia. I bambini mi guardano con interesse come se fossi sceso da qualche mondo extraterrestre, il che e’ abbastanza vicino alla realtà. Non so se i miei ospiti si rendono conto dell’importanza dell’impresa alpinistica che ho appena compiuto, ma ha poca importanza davanti al piatto di minestra che mi offrono e che consumo avidamente! Anche la telefonata che tanto mi aveva tenuto in apprensione mi fa capire qualcosa: che nessuno mi ha per il c...! Una giornata istruttiva non c’è che dire. Non resta che farmi accompagnare in jeep fino alla macchina, con i bambini che insistono per venire, e con l’ovvia domanda: che cosa ci facevi a quell’ora e con quel tempo in quel posto? Il che mi fa intuire che l’eccezionalità della salita e il drammatico ritorno verso la salvezza siano stati compresi solo dai bambini...! 

Quel che più conta è che uno degli ultimi problemi irrisolti delle Alpi, il Canalone Perini, e’ stato salito, e risulta ancora irripetuto, e soprattutto... non e’ mai stato disceso!
A voi eno-(sci-)alpinisti la nuova sfida.

                                                                                G.Shiro




15 commenti:

  1. ma te son proprio fora!

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  2. Quale onore ricevere una simile relazione su questo blog. Il leggendario Canalone Perini, tuttora irripetuto, non è solo l'anello mancante della catena che unisce l'alpinismo classico al giardinaggio ma dimostra l'assoluta inutilità della frontale. Dietro a questa impresa non si nasconde solo il retrogusto amaro dell'adrenalina ma anche l'opera di un visionario.

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  3. Domanda all' anonimo: Ma secondo ti, chi frequenta questo blog (probabilmente ti compreso) xe più dentro che fora??! Comunque concordo pienamente con ti, el nostro G-Shiro xe fora e come disi el Reverendo: xe proprio un visionario!

    RomBoss

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  4. à zio Sick,probabilmente se più malai voi de mi,questo racconto el se da inserir nel libro Rosso(viaggio andata e ritorno)de Bilbo Baggins.
    Xe de avventure come queste che gavemo bisogno de legger
    (peccà no esser stado presente)e de viver con le parole dei nostri eroi
    Bela Shiro

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  5. Comunque secondo mi la maggior parte della gente che frequenta questo blog non xe solo "fora" ma sopratutto "inquinata".
    G-Shiro santo subito!

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  6. E sai eh...la trincea sotto la parete l'ho scavata io, volevo aumentare il dislivello di un centinaio di metri per farmi una bella sciata!
    Asterix

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  7. altro che iliade ed odissea...questo è un racconto epico!
    un grazie a sickMattia che mi ha consigliato di venire a leggere il racconto!
    buone avventure!
    MaTTeO

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  8. RomBoss, Strane non ga viottoli, solo 4 case in fila. basta con l'alcool!
    G.Shiro

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  9. Caz... ciò te ga ragion, xe che quando go scritto la prefazion al racconto iero pena sceso da qualche vetta e sa come xe, ormai in gita,coi C.S.G.I (Crazy Sperm Guys From Italy) femo due o tre cime de seguito e su ognuna me bevo do biceri de pelinkovac o qualche aperitivo te pol capir che co rivo all' auto son un po' stordido. Dura la lotta con l'alpe!
    RomBoss

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  10. Aiuto, tireme fora dall'alcolismo d'alta quota. Da solo non ghe la fazo!

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  11. qua se commenta solo il Canalone Perini, questo xe un sito serio, per parlar dei vostri problemi pode' aprir un altro blog!

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  12. Eh si!Podemo verzer una pagina dedicada ai sfoghi o per chieder consigli, solo che se el problem-solver preposto ( che me par dovesi esser el Reverendo ricoprendo le veci della guida spirituale ) xe el primo che chiedi aiuto la roba no funzia sai! Alora go pensà che podesimo verzer una hot-line diretta col gheyteam! Dove poder parlar dei vostri problemi! e ovviamente per problemi de tipo diverso, la chiamata vien indirizzada al problem solver più adeguato... problemi anali prema 1 per L' Anarchimandri, problemi con l'inglese prema 2 per LongMark, non sai come si fa una doppia o come si usano le frontali prema 3 per GheyShiro/GheyKing, non sai usare ma neanche non capisci a cosa serva l'arva premi 4 per il Reverendo...

    RomBoss

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  13. Pian e ben el titolo de problem solver me spetta de diritto come anche el compito de guida spirituale. Se poi vado a impetardarme sora i 3000 xe perchè me servi per avvicinarme de più alle divinità dell'alpe (vedi Emilio, Enzo, Ernesto) che me dà le soluzioni ai problemi più complessi(anche i sciamani fa qualcosa de simile con el peyote!).

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  14. go introdotto mi l'uso dell'alcool nell'arrampicata!
    T.Gigio

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  15. Che vuoi, io invece ho introdotto l'uso della scavatrice nel boulder!

    Asterix

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