Frase della settimana

"Le falesie xe la sagra dell' illogico"
T.Gigio

domenica 27 aprile 2014

Paklenica North Face alla Seconda (Parte 2)

Alla base dell’ Anica Kuk si stanno già ritirando quattro cordate. Invece la cordata GheyKing – Neuro si appresta a muovere i primi passi sulla verticale parete di calcare grigio e compatto per salire la via Mosoraski. Sono le 13:30 del pomeriggio di un sabato di novembre. A cosa stanno andando in contro? Ecco a voi la seconda parte del racconto di GheyKing!! 

 Inizio a salire il primo tiro della via, un apparentemente semplice 3a. Mi ritrovo a stringere tacchette millimetriche, lateralini minuscoli, fessurine da monofalange ed il tutto con i piedi in spalmo. Iniziamo bene penso, il solito primo tiro da “psicostronzi”. Anche il neuro, appena mi raggiunge in sosta dichiara che secondo lui questa prima lunghezza potrebbe essere tranquillamente 6a se non anche 6a+. Ma senza farci troppo caso proseguiamo.
 I tiri successivi sembrano più normali, 4b,4a…I muscoli pompano sangue, la testa entra in modalità “se te svoli te mori”. Salgo il più velocemente possibile, dimenticandomi anche di proteggere ogni tanto. La concentrazione è tale che riesco a vedere il mio chakra interiore. Dobbiamo salire veloci perché il tempo passa inesorabilmente. L’orologio della morte segna le 15:00. Siamo a novembre, quindi ci resta solo ancora un’ora di luce o poco più! E come dice il saggio Topo Gigio -In montagna co fa scuro, no riva miga el camerier con le putane e il champagne…riva el freeedo!!- Quindi meglio sbrigarsi. 
Saliamo più velocemente possibile però ecco che ad un certo punto, per una serie di sfortunate coincidenze arriva il caos. Il Neuro conduce la cordata e decide di unire due tiri relativamente corti, un 4a e un 5c, in un’ unica lunghezza per accelerare i tempi e tagliare fuori una sosta. Solo che proprio in questa parte di parete si intrecciano varie vie, stile “Labirinto del Mignottauro”. Mentre il Neuro sale controllo la relazione e vedo che il 4a dovrebbe deviare sulla sinistra, però ho visto una cordata andare sulla destra. Forse dovrei guardare la relazione con uno specchietto? Mentre rimugino su i problemi di lettura della guida, il Neuro continua a salire, leggermente verso destra seguendo il suo istinto alpinistico. Inizio a pensare che stiamo sbagliando qualcosa; è tardi e si fa buio, ci manca ancora troppo per uscire dalle difficoltà e per giunta non siamo sicuri della direzione da seguire. Ormai cosa posso fare?Non mi resta che sperare di vincere l’ambito premio GheyTeam e per farlo dovremo battere gli altri rivali che hanno già vissuto delle vere avventure! Ad un certo punto il filo dei miei pensieri viene interrotto dal fatidico grido”Blocca, bloccaaaaa”. Il Neuro dopo aver attaccato quattro rinvii del presunto tiro di 5c si rende conto che le difficoltà sono effettivamente un po’ troppo alte per quel grado. Osservo meglio e lo vedo appeso davanti una fessurina svasa e in strapiombo mentre mi grida di guardare la relazione e di dirgli la via giusta. Sempre senza specchietto cerco di interpretare la relazione, se non sbaglio lui si trova su un tiro di 7b, allora gli grido di scendere e di procedere più a destra. Sempre per la teoria dello specchietto, infatti poco dopo il Neuro inizia un lungo traverso in stile “Napo” che lo porterà a trovare la presunta sosta a circa una trentina di metri alla mia destra. Siamo al crepuscolo, il Neuro si mette la frontale e procede sul tiro successivo che dovrebbe essere questo fatidico 5c; il tiro chiave. Se riusciamo a passare questa lunghezza con l'aiuto delle ultime luci crepuscolari, poi dovremmo riuscire a proseguire con le frontali e raggiungere il sentiero in cresta. 
Però come avete già capito quello non era un 5c, bensì un qualcosa di non ben definito che le divinità della scalata hanno deciso di regalarci. Nonostante tutto dopo un po’ sento le parole più belle che io potessi sentire in quel momento “molla tutto”. “Yeeeaaahh, penso el xe rivà a farghela, no gavevo dubbi!!” 
Ormai il buio ci avvolge completamente, scalo tutto il tiro tirando l’ombra di prese e calcando degli appoggi immaginari. Infine arrivo su un terrazzino sospeso in piena parete e trovo il neuro con la faccia trasformata, mi sembra di vedere l'urlo di Munch. Noto poi con estremo piacere che la sosta è composta da due alberetti, ai quali non ci resta che affidare la nostra sicurezza. Sono ormai le 17 passate e discutiamo se finire il tiro con la frontale. Il Neuro mi dice di essere sfinito e che non ce la fa a continuare. Io non vedo nessun spit ma so che più su ci deve essere. Per un attimo penso di proseguire, “ quasi quasi anche ghe provo”. Questo attimo di follia dura veramente poco… “ Ma sa che anche no!!”. Volare direttamente sulla sosta non mi alletta più di tanto, con questa sosta poi! Infine decidiamo di sistemarci per la notte e proseguire il giorno successivo. 

Alle ore 18 inizia la lenta agonia della notte. Niente camerieri con puttane e champagne, solo scomodità e freddo. Riesco a sistemarmi a cavalcioni di un alberetto. Il tronco fra le mie gambe funge perfettamente da laccio emostatico e da dilatatore anale. Il Neuro non se la passa meglio, quindi decidiamo di fare della ginnastica ogni venti minuti per prevenire trombi o congelamenti. Per fortuna siamo riusciti a costruire una sorta di tendina utilizzando il sacco corda.(cosa fazevi col sacco corda in parede???:-) N.d.r.) Il nostro appartamento è dotato di camera matrimoniale con riscaldamento autonomo dovuto alla costante aerofagia. Dalla finestra vediamo il mare e siamo pure dotati di una tv a 1pollice, lo schermo della mia macchina fotografica. Così per qualche oretta ce la passiamo più o meno serenamente. Però puntualmente dopo queste orette di pace arriva il freddo col suo manto gelato ad avvolgerci in un abbraccio rigido e senza pietà. Osservo il viso pallido e privo di espressione del mio fedele compagno di cordata ed esclamo “ ciò vedo la gente morta…”. Dobbiamo combattere il freddo trovando il modo di scaldarci a vicenda. Cerchiamo la posizione ideale per dormire come un unico corpo, il kamasutra ci viene in aiuto. Proviamo di tutto, pecorina, smorza candela, cravatta, 69; alla fine però la sistemazione migliore è quella che ci viene più istintiva. Io seduto fra le gambe del neuro. Come la mamma che stringe il proprio figlio in grembo. Il tempo passa e noi dobbiamo razionare tutto: cibo, acqua e la cosa più importante in questi casi, i “cicchini”. 

re 24:20, inviamo il primo sms di allerta a Silvia che ovviamente è a Trieste: “Aiuto xe urgente, roba de far gelar el sangue.” 
Ore 24:30, chiamiamo Michelone: “Semo sperdudi a 200metri sull’Anica, in caso de piova ciama i soccrosi, quei veri no el GheyRescue Team!” E tanto per tenerlo sveglio ci mettiamo d’accordo che ci chiamerà ogni tre ore per sicurezza. 
Ore 1:00 Guardiamo il cielo stellato come facevano i vecchi pescatori, piccole palline luminose su una tela nera come l’inchiostro. 
Ore 2:00 niente palline luminose, solo nubi minacciose. La paura della pioggia ci assale ma vien subito ricacciata via dal nostro animo impavido. 
Ore 2:30 prima pioggerellina, “Semo fottudi”; animo impavido perso. 

 La notte trascorre lenta con questa alternanza di pioggia e non pioggia. Anche il nostro umore segue di pari passo il volere del cielo. Alla fine la pioggia cessa e i primi chiarori si scorgono in lontananza dietro le cime del Velebit. La luce che a breve inonda la vallata scaccia completamente i fantasmi della notte. Alle ore 7:00 iniziamo i preparativi per scalare gli ultimi tiri. Ci dividiamo gli ultimi biscotti per avere un po’ di energia nei muscoletti sciupati dalla nottata appena trascorsa. Siccome il Neuro decide di partire da primo, gli dono uno dei miei biscotti per dargli coraggio. Dopo pochi metri torna in sosta dicendo che è troppo pericoloso. “Cazzo, podevo magnarme mi l’ultimo biscotto!!” Infatti ora tocca a me. Incitato dalle urla del mio compagno e con un profondo senso di deja vu mi ritrovo a metà tiro. L’adrenalina mi scorre nelle vene al posto del sangue. Incastro un piede, pinzo alto di sinistro, alzo i piedi, incastro nuovamente il piede in una lama, mi allungo ad una tacchetta bagnata, stringo con tutto me stesso, alzo il piede in una conchetta umida, mi alzo ed eccomi in sosta! Recupero piano piano il Neuro e nel frattempo mi guardo il tiro successivo. Placca violenta, molte prese bagnate e manca pure uno spit. Tiro le conclusioni e avviso il neuro che sta per arrivare in sosta; “si si, xe facile , te ghe la pol far!”. Ma appena egli alza lo sguardo si gira verso di me e mi guarda come se fossi uno dei frequentatori del Centro Igiene Mentale. Però il Neuro non molla e prova comunque, prima a sinistra e poi a destra in una specie di canaletta che sembra portare un po’ fuori via. Appena dopo essersi innalzato un metro sopra la sosta cade volandomi addosso. Siamo stravolti, in più osserviamo il cielo nuvoloso e dopo una rapida consultazione, vista l’impossibilità di proseguire ce ne ritorniamo mesti al nostro appartamento sospeso e con l’ultima tacca della batteria del telefono avvisiamo Michelone che allerti il soccorso alpino. 

 Ore 10:00 il recupero. 
Fine
                   GheyKing 


mercoledì 23 aprile 2014

Pecka Rock Climbing Festival 2014

    Per chi fosse interessato ecco il link al sito con tutte le info: Pecka Climbing Festival 2014
    E comunque per qualsiasi domanda scriveteci pure!!


martedì 15 aprile 2014

Paklenica North Face alla seconda

La neve si scioglie lentamente, molto lentamente e con essa anche la voglia di serpentine e curvoni abbandona pian, piano e con difficoltà l’animo dell’ alpinista sciatore. Infatti dopo le prime uscite primaverili in falesia si riaccende subito il morbo in breve diventa sempre più forte. Il morbo della parete: delle soste appesi nel vuoto, del profumo di salvia e santoreggia, della roccia fredda al mattino e bollente al pomeriggio, della roccia ruvida, delle dita doloranti, della paura del vuoto e della ghisa nelle braccia(e della cucina di Dinko). Quindi quale posto migliore per andare a sfamare questo morbo se non la nostra amata Paklenica?! Tanto per invogliarvi(o forse no) riportiamo qui, direttamente dalla penna del mitico GheyKing il racconto dell’impresa che nell’autunno di qualche anno fa ha fatto vincere a lui e al Neuro il mitico premio GheyTeam!!! 

Da notare che l’autore è stato già protagonista anni prima di un famoso recupero dalla parete dell’Anica Kuk che trovate documentato proprio qui:  Paklenica The North Face
E come si dice: non c’è due senza tre… non resta che aspettare… 



North Face Alla Seconda
 (quasi) Tragedia sull’ Anica KUK

Day 1
Ci svegliamo alle sei per volere del Neuro che fremeva dal desiderio di toccare la roccia fallica della Paklenica! Non mi sembra proprio in stile GheyTeam alzarsi alle sei di mattina. Mi sembrava troppo di buon’ora. infatti era talmente presto che anche i galli dormivano ancora. Per fortuna possiamo comunque godere di una abbondante colazione da Dinko. Mentre ci gustiamo un caldo caffelatte e il pane del giorno prima perché nemmeno il fornaio si era ancora svegliato, ci consultiamo su che via andare a scalare. Durante la notte ha piovuto e al pomeriggio il meteo non promette niente di buono. Ottime condizioni ambientali quindi. Ma la nostra caparbietà da veri membri del GheyTeam è di pensare che se anche la via sarà un po’ bagnata, non sarà un problema, riusciremo comunque a scalarla! Iniziamo a preparare l’abbondante materiale(che non se sa mai): venti cordini, tre friends(perché de più no gavemo), una serie di nuts, una trentina di rinvii,scarpette,imbrago,magliette di ricambio e due corde da 70m in tutto 100kg di attrezzatura. Per le big wall della paklenica bisogna essere preparati! Ora possiamo partire. Decidiamo di andare a vedere se si riesce a scalare “ Senza Pietà”. Troviamo la via tutta bagnata e in più anche il fiume che scorre alla base è veramente in piena, stile Missisipi Assassin, dove anche i pesci si annegano. Guardiamo la nostra attrezzatura ma siamo sprovvisti di canotto. Quindi dobbiamo cercare un’ altro obiettivo ed iniziamo a vagare per la valle. Siamo come dei turisti che si sono persi per le strade di Fukushima e cercano una via praticabile… Adirirttura gli strapiombi vomitano acqua. Infine approdiamo alla base dello stup e iniziamo a salire per una specie di ferrata che, non so come mi sembra più dura di certi 7a. Camminiamo per otto ore con le nostre scarpe consumate e con la suola “slic” che non aiuta nella progressione; le scarpe di Oliver Twist a confronto erano un lusso. Ogni tanto spunta un cavetto al quale aggrapparsi e aiutarsi nella salita. Inoltre inizia pure a piovere e inizio a pensare – perché se gavemo portado 50kg de roba a testa, se deso semo a far una cazzo de camminadina, e per giunta impirada!- Mentre continuo a tirarmi su per i cavi e penso a tutte queste “Cagade” arriviamo finalmente in vetta! Come sempre non è finita, bisogna scendere! Il sentiero se così si può chiamare scende ripido serpeggiando tra affilate lame di roccia. Forse giocando a calcio su di un campo minato avrei avuto più possibilità di sopravvivenza. Tanto più che grazie alla fantastica accoppiata fra pioggerella e scarpe con la suola “slic” mi sembra di avere dei Roller ai piedi! Fra le lame vedo certi buchi, certe fessure che non lasciano scorgere il fondo. Il sentiero mi sembra disseminato di trappole. Tanto per rallegrare la situazione il Neuro, fedele compagno d’avventura mi dice che potremmo anche fare la fine del protagonista di 127 ore. Allora penso fra me e me – quasi quasi ghe taio el brazo subito- Ma per fortuna dopo svariati crampi, tre strappi e un po’ di immancabile aerofagia ci ritroviamo nuovamente all’ imbocco della valle, quasi sani ma soprattutto salvi!

 Questo sembra solo un normale giorno di alpinismo-escursionistico come quelli che spesso i membri del GheyTeam vivono assaporandone tutti gli imprevisti, gli sbagli e le conseguenze. Invece leggendo le prossime righe si capisce che questo era solo il preludio ad una vicenda veramente epica. Solamente pochi alpinisti amanti della parete, della vertigine e veramente devoti nello spirito e nel corpo alla religione della VETTA possono trovare le forze di vivere, anzi di sopravvivere a una avventura simile. Non rubiamo altro tempo alle parole di GheyKing e passiamo al secondo giorno: 

Day 2
 Memori del giorno appena trascorso decidiamo già a cena un tutt’altro approccio per il giorno seguente. Quindi andiamo a letto prima delle galline e mentre i bambini guardano ancora la tv. Tutta la notte sogniamo la verticale parete dell’ Anica Kuk. Sogniamo di scalare con facilità dei magnifici passaggi, immaginiamo di salire come delle lucertole, appiccicandoci alla roccia senza sforzo per raggiungere la cima assolata e ottenere quel falso diritto di una, o anche più birre fresche. Al mattino, inebriati dai deliri onirici della notte, adottiamo il famoso metodo Perini(1). Sveglia tranquilla e colazione con tutta calma, tanto le pareti saranno ancora tutte bagnate, dettaglio questo che la provvidenza ci regala per ostacolare i nostri piani di bagordi serali a base di alcol e “babe”. Però per fortuna la provvidenza sa anche aiutare gli audaci. Decidiamo quindi di disdire la stanza per la notte ventura. Presagio oppure semplice innocenza? Niente di tutto ciò, sognavamo solo di ritornare dalla scalata con ancora tante forze per dedicarci tutta la notte alla pura “movida”, passare la notte in dolce compagnia per poi fare ritorno all’alba verso la falesia di Kompanj… Ma il destino vuole che i membri del GheyTeam dormano solo con altri membri, uomo con uomo. Oltre all’applicazione del famoso metodo Perini(1) decidiamo pure di partire verso la parete con la metà dell’attrezzatura del giorno precedente. Corda singola da 70m e qualche ammennicolo da incastro. Come scorta siamo provvisti di ben due pezzetti di pane, due formini(? N.d.r.) di formaggio, una decina di biscotti,una mela e un litro e mezzo d’acqua. Così armati ci avviamo alla volta di Ljubljanski. Via micidiale che veniva a suo tempo risolta dal GheyLord assieme a GheyShiro in ben 9 ore e da me(GheyKing) e il Romboss in 2 ore. I misteri dell’alpe. Fatto sta che facendo una media fra le due tempistiche di riferimento pensiamo di stare in parete al massimo sei ore e quindi come disse Gene Wilder in Frankenstein Junior – Siiii puoooo fareeeeeeeee!!- Le vie che corrono sulle pareti soprastanti il parcheggio sono ben asciutte e ci fanno ben sperare; vediamo il bicchiere mezzo pieno, la botte piena e la moglie “imbriaga” e ovviamente come si usa dire, il pene duro col colpo in canna. Mano a mano che risaliamo la valle e ci avviciniamo all’ Anica Kuk le vie si fanno sempre più fradice e così vediamo un bicchiere mezzo vuoto di birra calda e sgasata, botte vuota moglie sempre più “imbriaga” ma molesta e pene moscio con cistite. Le gioie dell’arrampicata! Arrivati sotto Lubjanski, vediamo le caratteristiche lame di roccia alle quali bisogna aggrapparsi tutte bagnate tanto che ci sembrano delle vere Lubjanske piene di olio! “ Cosa cazzo femo??” Domanda che si torva anche su Focus. Mentre ce ne torniamo mesti verso i monotiri vicini al parcheggio ecco che ci si para davanti l’opportunità! Davanti a noi, una visione celestiale una meravigliosa via che sembra semiasciutta e che ci potrebbe dare l’opportunità di calcare anche oggi la tanto agognata vetta dell’ Anica! Mosoraski , la via più facile della North Face dell’Anica Kuk. Sono appena le 10.30, neanche tre orette per percorrere i suoi 320m e siamo in cima! Purtroppo però arrivati alla base della via notiamo con sommo dispiacere che ci sono già tre cordate “work in progress” e ben altre tre cordate in attesa. Però noi decidiamo di attendere il nostro turno e dopo venti “cicchini” tocca finalmente a noi. Siamo già con le scarpette ai piedi e ci tocca aspettare nuovamente perché ben quattro cordate decidono di calarsi dalla prima sosta con le corde doppie. Mi sembra ci sia più gente lì che in tutta Starigrad. Li osservo con muto disprezzo! Vigliacchi penso, si ritirano appena dopo il primo tiro. Una Caporetto in piena regola! Finalmente alle 13:30 posso attaccarmi alla parete e inizio a salire. Non immagino ancora cosa ci aspetta.
 
GheyKing

A breve la seconda parte, appena riesco a ricopiarla dal diario di GheyKing!
Intanto ci vediamo in Paklenica!! RomBoss

(1) Metodo Perini:
Famoso metodo di approccio alla parete che se applicato a regola d'arte prevede di partire per una salita non prima delle ore 14. Possibilmente dopo abbondante colazione e con pochissimo materiale e anche quest'ultimo se possiblie di stampo classico o recuperato in qualche discount. Tale metodo venne ideato dal forte alpinista Istro-Triestino E.Perini durante la sua numerosa attività alpinistica di stampo esplorativo. Attivo Soprattutto sui monti dell' Istria interna e della Carsia-Giulia (es. massiccio del Nanos; Prima ascensione canalone Perini: Nanos - Terra di conquiste alpinistiche)
Tale metodo viene largamente usato dai membri del gheyteam anche con diverse sfumature ed interpretazioni. 
Nota: Questo tipo di approccio risulta in netto contrasto con le teorie caiane.