La neve si scioglie lentamente, molto lentamente e con essa anche la voglia di serpentine e curvoni abbandona pian, piano e con difficoltà l’animo dell’ alpinista sciatore. Infatti dopo le prime uscite primaverili in falesia si riaccende subito il morbo in breve diventa sempre più forte. Il morbo della parete: delle soste appesi nel vuoto, del profumo di salvia e santoreggia, della roccia fredda al mattino e bollente al pomeriggio, della roccia ruvida, delle dita doloranti, della paura del vuoto e della ghisa nelle braccia(e della cucina di Dinko). Quindi quale posto migliore per andare a sfamare questo morbo se non la nostra amata Paklenica?!
Tanto per invogliarvi(o forse no) riportiamo qui, direttamente dalla penna del mitico GheyKing il racconto dell’impresa che nell’autunno di qualche anno fa ha fatto vincere a lui e al Neuro il mitico premio GheyTeam!!!
Da notare che l’autore è stato già protagonista anni prima di un famoso recupero dalla parete dell’Anica Kuk che trovate documentato proprio qui: Paklenica The North Face
E come si dice: non c’è due senza tre… non resta che aspettare…
North Face Alla Seconda
(quasi) Tragedia sull’ Anica KUK
Day 1
Ci svegliamo alle sei per volere del Neuro che fremeva dal desiderio di toccare la roccia fallica della Paklenica! Non mi sembra proprio in stile GheyTeam alzarsi alle sei di mattina. Mi sembrava troppo di buon’ora. infatti era talmente presto che anche i galli dormivano ancora. Per fortuna possiamo comunque godere di una abbondante colazione da Dinko. Mentre ci gustiamo un caldo caffelatte e il pane del giorno prima perché nemmeno il fornaio si era ancora svegliato, ci consultiamo su che via andare a scalare. Durante la notte ha piovuto e al pomeriggio il meteo non promette niente di buono. Ottime condizioni ambientali quindi. Ma la nostra caparbietà da veri membri del GheyTeam è di pensare che se anche la via sarà un po’ bagnata, non sarà un problema, riusciremo comunque a scalarla!
Iniziamo a preparare l’abbondante materiale(che non se sa mai):
venti cordini, tre friends(perché de più no gavemo), una serie di nuts, una trentina di rinvii,scarpette,imbrago,magliette di ricambio e due corde da 70m in tutto 100kg di attrezzatura.
Per le big wall della paklenica bisogna essere preparati! Ora possiamo partire.
Decidiamo di andare a vedere se si riesce a scalare “ Senza Pietà”. Troviamo la via tutta bagnata e in più anche il fiume che scorre alla base è veramente in piena, stile Missisipi Assassin, dove anche i pesci si annegano. Guardiamo la nostra attrezzatura ma siamo sprovvisti di canotto. Quindi dobbiamo cercare un’ altro obiettivo ed iniziamo a vagare per la valle. Siamo come dei turisti che si sono persi per le strade di Fukushima e cercano una via praticabile…
Adirirttura gli strapiombi vomitano acqua.
Infine approdiamo alla base dello stup e iniziamo a salire per una specie di ferrata che, non so come mi sembra più dura di certi 7a. Camminiamo per otto ore con le nostre scarpe consumate e con la suola “slic” che non aiuta nella progressione; le scarpe di Oliver Twist a confronto erano un lusso. Ogni tanto spunta un cavetto al quale aggrapparsi e aiutarsi nella salita. Inoltre inizia pure a piovere e inizio a pensare – perché se gavemo portado 50kg de roba a testa, se deso semo a far una cazzo de camminadina, e per giunta impirada!- Mentre continuo a tirarmi su per i cavi e penso a tutte queste “Cagade” arriviamo finalmente in vetta!
Come sempre non è finita, bisogna scendere! Il sentiero se così si può chiamare scende ripido serpeggiando tra affilate lame di roccia. Forse giocando a calcio su di un campo minato avrei avuto più possibilità di sopravvivenza. Tanto più che grazie alla fantastica accoppiata fra pioggerella e scarpe con la suola “slic” mi sembra di avere dei Roller ai piedi! Fra le lame vedo certi buchi, certe fessure che non lasciano scorgere il fondo. Il sentiero mi sembra disseminato di trappole. Tanto per rallegrare la situazione il Neuro, fedele compagno d’avventura mi dice che potremmo anche fare la fine del protagonista di 127 ore. Allora penso fra me e me – quasi quasi ghe taio el brazo subito- Ma per fortuna dopo svariati crampi, tre strappi e un po’ di immancabile aerofagia ci ritroviamo nuovamente all’ imbocco della valle, quasi sani ma soprattutto salvi!
Questo sembra solo un normale giorno di alpinismo-escursionistico come quelli che spesso i membri del GheyTeam vivono assaporandone tutti gli imprevisti, gli sbagli e le conseguenze. Invece leggendo le prossime righe si capisce che questo era solo il preludio ad una vicenda veramente epica. Solamente pochi alpinisti amanti della parete, della vertigine e veramente devoti nello spirito e nel corpo alla religione della VETTA possono trovare le forze di vivere, anzi di sopravvivere a una avventura simile.
Non rubiamo altro tempo alle parole di GheyKing e passiamo al secondo giorno:
Day 2
Memori del giorno appena trascorso decidiamo già a cena un tutt’altro approccio per il giorno seguente. Quindi andiamo a letto prima delle galline e mentre i bambini guardano ancora la tv. Tutta la notte sogniamo la verticale parete dell’ Anica Kuk. Sogniamo di scalare con facilità dei magnifici passaggi, immaginiamo di salire come delle lucertole, appiccicandoci alla roccia senza sforzo per raggiungere la cima assolata e ottenere quel falso diritto di una, o anche più birre fresche. Al mattino, inebriati dai deliri onirici della notte, adottiamo il famoso metodo Perini(1). Sveglia tranquilla e colazione con tutta calma, tanto le pareti saranno ancora tutte bagnate, dettaglio questo che la provvidenza ci regala per ostacolare i nostri piani di bagordi serali a base di alcol e “babe”. Però per fortuna la provvidenza sa anche aiutare gli audaci. Decidiamo quindi di disdire la stanza per la notte ventura. Presagio oppure semplice innocenza? Niente di tutto ciò, sognavamo solo di ritornare dalla scalata con ancora tante forze per dedicarci tutta la notte alla pura “movida”, passare la notte in dolce compagnia per poi fare ritorno all’alba verso la falesia di Kompanj… Ma il destino vuole che i membri del GheyTeam dormano solo con altri membri, uomo con uomo.
Oltre all’applicazione del famoso metodo Perini(1) decidiamo pure di partire verso la parete con la metà dell’attrezzatura del giorno precedente. Corda singola da 70m e qualche ammennicolo da incastro. Come scorta siamo provvisti di ben due pezzetti di pane, due formini(? N.d.r.) di formaggio, una decina di biscotti,una mela e un litro e mezzo d’acqua.
Così armati ci avviamo alla volta di Ljubljanski. Via micidiale che veniva a suo tempo risolta dal GheyLord assieme a GheyShiro in ben 9 ore e da me(GheyKing) e il Romboss in 2 ore. I misteri dell’alpe. Fatto sta che facendo una media fra le due tempistiche di riferimento pensiamo di stare in parete al massimo sei ore e quindi come disse Gene Wilder in Frankenstein Junior – Siiii puoooo fareeeeeeeee!!-
Le vie che corrono sulle pareti soprastanti il parcheggio sono ben asciutte e ci fanno ben sperare; vediamo il bicchiere mezzo pieno, la botte piena e la moglie “imbriaga” e ovviamente come si usa dire, il pene duro col colpo in canna. Mano a mano che risaliamo la valle e ci avviciniamo all’ Anica Kuk le vie si fanno sempre più fradice e così vediamo un bicchiere mezzo vuoto di birra calda e sgasata, botte vuota moglie sempre più “imbriaga” ma molesta e pene moscio con cistite. Le gioie dell’arrampicata!
Arrivati sotto Lubjanski, vediamo le caratteristiche lame di roccia alle quali bisogna aggrapparsi tutte bagnate tanto che ci sembrano delle vere Lubjanske piene di olio!
“ Cosa cazzo femo??” Domanda che si torva anche su Focus. Mentre ce ne torniamo mesti verso i monotiri vicini al parcheggio ecco che ci si para davanti l’opportunità! Davanti a noi, una visione celestiale una meravigliosa via che sembra semiasciutta e che ci potrebbe dare l’opportunità di calcare anche oggi la tanto agognata vetta dell’ Anica!
Mosoraski , la via più facile della North Face dell’Anica Kuk. Sono appena le 10.30, neanche tre orette per percorrere i suoi 320m e siamo in cima! Purtroppo però arrivati alla base della via notiamo con sommo dispiacere che ci sono già tre cordate “work in progress” e ben altre tre cordate in attesa.
Però noi decidiamo di attendere il nostro turno e dopo venti “cicchini” tocca finalmente a noi. Siamo già con le scarpette ai piedi e ci tocca aspettare nuovamente perché ben quattro cordate decidono di calarsi dalla prima sosta con le corde doppie. Mi sembra ci sia più gente lì che in tutta Starigrad. Li osservo con muto disprezzo! Vigliacchi penso, si ritirano appena dopo il primo tiro. Una Caporetto in piena regola!
Finalmente alle 13:30 posso attaccarmi alla parete e inizio a salire. Non immagino ancora cosa ci aspetta.
GheyKing
A breve la seconda parte, appena riesco a ricopiarla dal diario di GheyKing!
Intanto ci vediamo in Paklenica!! RomBoss
(1) Metodo Perini:
Famoso metodo di approccio alla parete che se applicato a regola d'arte prevede di partire per una salita non prima delle ore 14. Possibilmente dopo abbondante colazione e con pochissimo materiale e anche quest'ultimo se possiblie di stampo classico o recuperato in qualche discount. Tale metodo venne ideato dal forte alpinista Istro-Triestino E.Perini durante la sua numerosa attività alpinistica di stampo esplorativo. Attivo Soprattutto sui monti dell' Istria interna e della Carsia-Giulia (es. massiccio del Nanos; Prima ascensione canalone Perini: Nanos - Terra di conquiste alpinistiche)
Tale metodo viene largamente usato dai membri del gheyteam anche con diverse sfumature ed interpretazioni.
Nota: Questo tipo di approccio risulta in netto contrasto con le teorie caiane.
quali seria le teorie caiane?
RispondiEliminaattendo con ansia il proseguo...
shiro
finalmente un racconto epico...me vien voia de rimetetr le scarpette e andar col Neuro, cioè no molto meio col King
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