Bosnia bolting trip 2013 - seconda parte
Se per caso vi siete persi la prima parte eccola qui: Prima parte: Bolting by Night
Colonna sonora: Mumford and sons - The Cave
È sera. Siamo a bordo del nostro furgone a nove posti preso a noleggio. Il Majster guida il mezzo seguendo le indicazioni di Dzenan. Da Banja Luka dovevamo percorrere circa ottanta chilometri per arrivare a destinazione ma le strade non permettono sicuramente un’ andatura allegra, anzi invitano alla prudenza. Ormai dovremmo essere quasi arrivati. Lungo tutto il tragitto abbiamo passato solo qualche paesetto debolmente illuminato. Proprio come il paesetto dal quale neanche due ore fa siamo scappati dopo aver salvato i nostri amici dalle grinfie di Vito Petrovic...
Al mattino, infatti, abbiamo parcheggiato il furgone sulla strada alla base del Tjesno Kanjon e mentre il Majster, il Reverendo, Dzenan ed io siamo andati a finire i lavori di pulizia e chiodatura della nuova via, l’altro team composto da il Mose, lo specialista, Andrea e Laura ha deciso di ripetere l’ultima creazione di Dzenan e Igor: Saversen Dan. Questa via di 200m sbuca proprio in cima al Kanjon. Dalla sommità si sarebbero dovuti calare in doppia per ritornare al furgone. Invece, visto il sopraggiungere delle tenebre hanno preferito aspettarci per essere recuperati. Visto che a due passi dal bordo del Kanjon c’è un paesetto al quale si arriva comodamente con la macchina. Nell’attesa però, colpendo il loro punto debole Vito è riuscito ad attirarli dentro casa e a tenerli in ostaggio offrendo loro Rakja(grappa), ciuci(birre), Dugne(una varietà di mele) e pure un letto per la notte.
Pensavo di conoscere il significato della parola ospitalità, ora, lo conosco molto meglio.
Col favore del buio e con i fari spenti ci avviciniamo alla sua casa ma infine la diplomazia vince, non serve improvvisare nessun assalto. Gli regaliamo una bottiglia di vino e ci riprendiamo i nostri amici così possiamo proseguire il viaggio.
Da quello che sappiamo, il nostro mezzo ha già visitato la Bosnia; molto probabilmente, come raccontatoci dal proprietario, si è fatto benedire a Medjugorie accompagnando qualche comitiva di vecchietti in cerca di miracoli. Noi per il momento navighiamo sballottati lungo queste tortuose strade bosniache prive di ogni tipo di illuminazione in cerca del nostro miracolo: Pecka, la famosa falesia nella quale dovremmo continuare il nostro bolting trip.
Ad un certo punto, scorgiamo in lontananza una costruzione decisamente luminosa e appariscente, in netto contrasto con il buio delle strade appena percorse. Ecco, finalmente, un segno di modernità, una pompa di benzina in stile Las Vegas! Neanche duecento metri dopo, eccone un’ altra. La nostra guida, Dzenan, ordina al Majster l’instancabile autista, di svoltare a destra subito dopo il benzinaio. Imbocchiamo una stradina ancora più stretta e ovviamente non asfaltata che si fa spazio nell’erba alta e si insinua in una profonda oscurità che anche i fari dell’automobile fanno fatica a bucare. Così ci lasciamo veramente alle spalle l’ultimo sprazzo di progresso. Dopo venti minuti di rally, i fari del furgone illuminano i primi segni di umanità. Un muretto in pietra compare ai lati della strada e dopo poco ci imbattiamo in una casetta con una finestrella debolmente illuminata. Svoltiamo a destra per non finirci contro ed eccone subito un’altra. Sono comparse all’improvviso, dal nulla. A fianco di esse intravediamo dei covoni pieni di fieno ed infine Dzenan dice di fermarsi. Eccoci a Pecka, il paesetto nel quale pernotteremo, e che si trova a 5 minuti di cammino dalle prime rocce “arrampicatoriamente” interessanti.
Sempre avvolti da questo buio inaccessibile, aiutati dalle nostre frontali, trasbordiamo i nostri pesanti bagagli dal furgone all’interno della casupola a noi riservata.
L’ambiente è alquanto miniaturizzato, (a me non dispiace vista la mia statura). Mi sembra di ritornare ad epoche passate, per fortuna (o per sfortuna?) almeno la corrente elettrica c’è. Il riscaldamento, però, è affidato ad un fantastico “spargert” che iniziamo subito ad alimentare con la legna già tagliata. L’acqua si prende da una pratica fontanella fuori casa ma il tocco di classe sta nel bagno. Mi sembra inutile precisare che la doccia non c’è, infatti, come ci avevano preventivamente avvisato, il bagno è posto al di fuori della casetta e più precisamente in un baracchino di pietra e legno. Al suo interno, possiamo posare le nostre regali chiappozze su delle belle assi di legno con un bel foro al centro. Visiono attentamente il cesso con la frontale e gioisco del fatto che ho la possibilità di vivere per un attimo delle vere emozioni medioevali. Solo il rotolo di carta igienica appesa al muro stona un pochino. Se mai dovesse capitarvi, mentre espletate i vostri bisogni sentirete una piacevole brezza solleticarvi il deretano. Ovviamente, non serve tirare l’acqua.
Al mattino, la sveglia è seguita dalla classica colazione GheyTeam; eseguita con il solito ritmo vacanziero. Esco dalla casupola e noto con piacere i raggi del sole che formano un bel contrasto con le nuvole grigie e nere alte nel cielo. Scatto qualche foto ma poi vengo subito richiamato all’ordine. Attenti! Signorsì Signore! Dobbiamo preparare gli zaini, organizzare le squadre d’assalto, decidere una sorta di piano d’attacco che poi verrà sicuramente cambiato e stravolto almeno un milione di volte, come capita spesso a noi del GheyTeam. Siamo quasi pronti per partire verso i bastioni rocciosi per espugnarli a colpi di trapano.
Manca solo una cosa, i viveri ed il ciuccio! Per i viveri recuperiamo una grande pagnotta dal peso specifico del cemento ma dallo squisito sapore del pane appena sfornato. Per quanto riguarda il ciuccio siamo un po’ in crisi! La sera prima abbiamo dato fondo a tutte le riserve che ci siamo portati in questa landa desolata. Per fortuna, Dzenan, dopo aver visto la mia faccia quando ho realizzato la fine delle bevande a base alcolica, ha pensato bene di comprare una bottiglia di ottima Rakja casalinga. Purtroppo però passeremo a ritirarla appena alla sera, dopo tutta la giornata lavorativa. Naturalmente il RomBoss ha sempre una scorta di riserva. Infatti, nello zaino, assieme ai fix e al trapano ha anche tutto il necessario per un ottimo aperitivo in stile GheyTeam da preparare al momento opportuno!!!
Tutto attorno al paese si possono scorgere solamente delle sinuose colline, per il resto, solo pianura, boschi e prati.
Dove saranno le famose rocce di Pecka? Passati cinque minuti di cammino, fra qualche casetta di campagna, stalle e covoni, ci ritroviamo su di un costone che, a sua volta, si affaccia su di una grande valle ancora semi coperta da una leggera nebbiolina che si sta pian piano dissolvendo. La nostra vista spazia lontano, e dopo aver riempito gli occhi di tutto quel selvaggio panorama, lo sguardo si sposta sotto i nostri piedi e ci rendiamo conto che proprio sotto di noi ci sono delle pareti di roccia. Con il lento dissolversi della foschia notiamo che queste falesie si espandono per chilometri verso destra e verso sinistra, lungo questo costone che sembra infinito.
Dzenan, con un sorrisetto sornione, ci fa notare che lui assieme ad Igor e altri ne hanno chiodato, più o meno, tutta la prima parte, per una lunghezza di quasi due chilometri, con un totale di circa settanta vie. A noi, restano solo che altri quattro chilometri di rocce, non solo da chiodare ma soprattutto da scoprire! Chissà che sorprese arrampicatorie potranno mai regalare tutti questi isolotti di pietra sparsi in questo mare di alberi e arbusti! Infatti la parete non è un unico muro che corre sul bordo della vallata; ci sono una miriade di falesiette più o meno grandi, più o meno strapiombanti che spuntano dal sottobosco spinoso.
Dopo una veloce esplorazione, correndo e saltellando da una paretina all’altra, decidiamo di concentrarci tutti assieme in un unico punto in modo da chiodare tutte le vie vicine!
In breve la parete prescelta, che alla base ha una larghezza di trenta metri ed è alta una ventina, viene ricoperta da una fitta ragnatela di corde. Noi, come degli operosi ragnetti, ci caliamo per dare vita a questa porzione di roccia inanimata. Così, nasce il settore “The smuggler cats' sector” , sul quale potete trovare cinque nuove vie! Due ancora da liberare!
"Five cats for five routes", N.A.
"Macice i rakia", 6b+
"Escape to survive", N.A.
"Who let the cats out?", 6a+
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Proprio essenza purezza e minimalismo rendono i vostri tiri linee perfette, provandoli si ha la possibilità di vivere un viaggio, il giusto compromesso tra sicurezza e prova psicologica nel campo arrampicata sportiva...
RispondiEliminaBravi
I.R.