Frase della settimana

"Le falesie xe la sagra dell' illogico"
T.Gigio

martedì 30 luglio 2013

Pastin e Vin parte II

Colonna sonora:
Gramatik - Day Of The So Called Glory
Gramatik - Who Got Juice

I Cinque Muri

Sarebbe ora di bere un caffè.  L’alba è iniziata e noi ci fermiamo ad Agordo. Il solito bar Centrale con il solito barista simpatico e poi il viaggio verso casa riprende. Io un po’ più sveglio e con lo stomaco contento mi immergo nuovamente nei ricordi freschi di nemmeno 24 ore.

 Non abbiamo fretta, camminiamo svelti,  ma nonostante la salita il fiatone non si fa sentire, quindi perché rallentare? Però il vino della sera prima ci fa sudare. Marco decide di mettersi in tenuta da vero escursionista, si sveste per  rimanere  in mutande e spurgare per bene tutti i liquidi in eccesso. Mentre stiamo per passare un torrentello che taglia il sentiero incrociamo un tipo. Questi,dopo averci guardato per un secondo e avendo notato la corda sullo zaino ci domanda se andiamo ad arrampicare sulla via dei tre Diedri. Noi gli rispondiamo che andiamo a fare la Diretta dei Cinque Muri. Al che lui chinando un po’ la testa per sbieco e osservando  Marco  strabuzza un po’ gli occhi e si contorce in una smorfia mista fra incredulità e curiosità. La conversazione però termina lì. Riprendiamo il cammino e  dopo pochi metri  Marco mi confessa che lo sguardo del tipo non gli è piaciuto per niente; come volerci anticipare cosa ci sarebbe aspettato sulla via. “Ti credo”  gli rispondo “ ma ti sei visto?”  a guardarlo non sembra per niente un alpinista che deve affrontare un’ impegnativa lotta con l’Alpe! Sembra più un escursionista con lo zaino pieno di salsicce e vino.  Magari! Questi piaceri ci attendono ormai  all’auto, e attenderanno fino a sera.

 Dopo un' ora arriviamo al Bivacco e osserviamo le pareti e i pinnacoli che fanno da corona a questa valle lunga e stretta. Poi inevitabilmente il nostro sguardo si posa sulla parete che vogliamo salire. Essa si presenta veramente fantastica! Una successione di placconate grigie e all’apparenza lisce. Per la precisione si riescono ad individuare quei famosi cinque muri  che noi dovremo superare per arrivare in cima. Però che banalità che mi vengono in mente, ovvio che questi cinque muri tanto lisci non sono. Una volta credo che ne sarei stato intimorito ma non so perché mi viene in mente che sarà un vero divertimento. Sarà la compagnia o il vino della sera prima? Chi lo sa, meglio così. Divertendosi tutto sembra più facile!

 Scorro la parete dal basso verso l’alto e cerco di capire se non addirittura individuare la Via. A  metà vedo il muro grigio scuro quasi nero dove dovrebbe esserci il tiro chiave ma poi salendo con lo sguardo quasi in cima noto con piacere una grande pala grigia e compatta. Le mie idee sugli ultimi due tiri si fanno sempre più concrete, seppur leggermente più facili del tiro chiave ho il sospetto che ci daranno più filo da torcere. Staremo a vedere.

 Fa freddo, siamo ad ovest e noi siamo ben intirizziti ma Marco sale comodo il primo tiro, poi io mi diverto sul secondo e Marco parte sul terzo tiro. Non un tiro particolarmente difficile, ma a quanto vedo dalla sosta sembra poco proteggibile . Mentre Marco scala con calma e circospezione cercando di decifrare la roccia grigia e svasa io mi guardo le nuvolette che scorrono veloci e osservo i pinnacoli di fronte a noi che sono già baciati dal sole, inizio a seguire il suo lento avvicinarsi. Prendo come riferimento dei larici abbarbicati su un pulpito poco sopra al Bivacco e aspetto che il sole li raggiunga. Quella riga che delimita l’ombra dalla piena luce sembra immobile, ma piano piano ci si rende conto che non è così. Il tempo scorre, sì certo scorre in maniera del tutto differente in base a cosa facciamo e a cosa abbiamo nella testa ma alla fine scorre inesorabile così come vedo  scorrere  le corde nelle mie mani, lente ma inesorabili. Vedo  il mio compagno di cordata impegnato in una lotta intensa. Non tanto con la parete che tecnicamente risulta semplice ma con il vuoto che lo circonda, quel vuoto che sembra volerti risucchiare appena ti distrai un attimo. Non posso fare altro che fare il tifo per lui, ma tanto so che non mi sta sentendo, nella sua testa passano pensieri più intensi delle mie futili parole. Dopo un attimo di titubanza lo vedo salire e salire e dopo circa sei metri dall’ultima protezione lo vedo fermarsi, piazzare un nut e osservare i metri successivi infine con decisione lo vedo alzarsi di altri cinque metri. Poi lo vedo prendere un cordino da infilare in un chiodo o una clessidra. Bene ora le corde scorrono più veloci e Marco scompare dalla mia vista verso l’alto, il tiro ha 55m quindi posso tornare a guardare il fronte del sole sperando che arrivi il prima possibile. Quello dopo è il tiro chiave, speriamo di poterlo scalare in maglietta e sotto il sole, visto che qui sono in pile e giacchetta antivento. Le corde sono quasi finite, mi giro e vedo che il sole ormai scalda i larici, ha sorpassato il Bivacco e lambisce la base della parete, i raggi scorrono a pochi metri da me, vengono deviati da uno strapiombo che sta una quarantina di metri sopra la mia testa. Non li vedo i raggi solari ma li sento, ne sento l’odore. L’odore del calore e della roccia riscaldata che sta evaporando la propria umidità. Finché sento un grido. Ma non riesco a decifrarlo, poi una delle due mezze corre attraverso il reverso e subito dopo anche l’altra. Le corde sono praticamente finite. Sosta. Mollo la sicura e mi preparo a raggiungere Marco ed il sole.

 In breve tempo arrivo alla sosta successiva. Se il buon Giordani dice “… il solo uso della corda alleggerisce i movimenti di un non indifferente peso psicologico… “  figuriamoci poi con la corda dall’alto!

  Trovo Marco seduto comodamente in cengia su della morbida erbetta verde e noto che gioisce del sole che lo sta scaldando. Appena lo raggiungo noto che  mi attende con un sorrisetto divertito e  uno sguardo a dir poco  sornione. Poi con un cenno del capo  mi indica il tiro successivo. Ci mettiamo a ridere e facciamo un piccolo break!

  Mi accingo a partire per il tiro chiave, non faccio in tempo a fare due passi che Marco mi ferma. Lo guardo e vedo che mi porge un cliff dicendomi che mi potrebbe servire visto che il tiro originariamente sarebbe in A3. Al momento rifiuto l’offerta ma poi penso che qualche grammo di ferro in più non mi farà male. Anzi, magari mi potrebbe pure tirare fuori da eventuali problemi. Quindi aggiungo anche il cliff alla quantità di materiale che ho appeso all’imbrago.
   Qualche secondo dopo sono io che non sento più niente, né l’odore dei raggi solari né gli incitamenti di Marco. Ho agganciato una bella clessidra e sono salito circa tre metri, capisco che dovrò fare un passaggio duro e cerco di proteggermi con un friendino ma la roccia è tanto bella quanto compatta.  Allora provo con un tricamino ma niente.  Fanculo andiamo avanti, salgo per altri due metri e raggiungo due buone prese dalle quali posso infilare un kevlar in una clessidrina. Ovviamente la clessidra ha già un cordoncino  marcio che decido di tagliare visto che non c’è spazio per il mio. Per fortuna ho il coltello agganciato all’imbrago e con la mano destra  taglio il cordino, poi cambio mano per farla riposare e con la sinistra ci infilo il kevlar, lo annodo e ci passo rinvio e corde. Bene! Si può proseguire! Proseguire sì, ma verso dove? Cerco di capire quale direzione pendere poi parto. Traverso un paio di metri a sinistra e salgo, buchi buoni e piccole tacche meno buone, un po’ di marcio e dopo quattro metri trovo un chiodo, lo rinvio e traverso a destra per poi salire puntando ad altri due bei buconi. Rinvio un’altro chiodo. Salgo ancora leggermente a destra ed esco dal muro verticale e leggermente strapiombante per ritrovarmi su una bella placca leggermente appoggiata e liscia, vedo la sosta a dieci metri da me. Il run out finale penso, dopo cinque metri però riesco a piazzare un buon tricam in un buco e arrivo in un batter d’occhio in sosta. Super! Più facile del previsto. Aspetta però e ridendo  penso che non è per niente finita, vedremo bene  sull’ultima pala grigia cosa ci attende. Dopo un po’ vedo spuntare Marco che tutto contento si mette ad arrampicare l’ultima placchetta e quando si trova circa quattro metri sotto di me, aggancio il cliff sulle corde e lo lascio cadere. Appena Marco vede il cliff fermarsi sui suoi nodi, esclamo con voce altisonante  “ A mi certi artifizi no me servi!!”
Così anche questa occasione e buona per sbellicarsi dalle risate tanto che marco fa fatica ad arrampicare quei ultimi metri.

  I tiri seguenti sono  facili e lunghi ma senza nessuna protezione in loco. Ma siamo ben attrezzati e li passiamo veloci e divertendoci!


  Ultima o penultima sosta. Una relazione indica due tiri della stessa difficoltà e l’altra uno di 60m. Che fare? Sembrerebbe meglio unirli vista la probabile scomodità di una sosta appesa nel bel mezzo di una placconata grigia e verticale di cinquanta metri, che non ha niente da invidiare alla roccia della famosa Marmolada! Staremo a vedere. Parto deciso e riesco a proteggere appena dopo un bel po’ di metri, inizio a salire puntando ad una piccola clessidra segnata dal solito cordino lercio.  Per arrivarci però devo seguire un labirinto formato da buchi e buchetti che o svasi o piccolini mi fanno un po’ penare, il volo lungo è più che assicurato, quindi meglio non sbagliare strada. Appena arrivo vicino alla clessidrina mi ritrovo a stare con difficoltà attaccato a due buchetti piccoli e con un solo appoggio per i piedi. In più non riesco ad infilare il kevlar e non riesco neppure a eliminare in qualche modo il cordino vecchio. Allora lo rinvio, tanto è sempre meglio di niente. Proseguo e faccio un passaggio che mi impegna  per ritrovarmi poi ad una buona presa. Però per proseguire sarebbe bello usare un cordino decente per quella clessidra, quindi cerco di infilare un kevlar nella clessidrina che ormai ho quasi sotto di me. Per fare questa operazione inizierò ad invocare pesantemente il nostro signore. Altro non posso mettere, gli unici buchi buoni sono occupati dalle mie dita; il resto della roccia è molto compatta o con qualche buchetto svaso e cieco. Quindi insisto finché riesco ad infilare sto kevlar e tiro un po’ il fiato. Non so come ma di colpo ritrovo energia e vedo che davanti mi aspetta una sessione più tranquilla dove riuscirò anche a mettere un bel friend. Oltre ad esso trovo anche un chiodo, lo rinvio e con un altro passetto un po' impegnativello raggiungo una bella sosta con due chiodi. La rinvio e poi penso che potrei proseguire, visto che come prevedevamo la sosta è sì bella ma delle più scomode. Tuttavia penso che siccome questa è una sosta mi sembra di avere tutto il diritto di appendermi e far riposare un po’ i piedi che mi dolgono parecchio e quindi rilassarmi. Chiedo a Marco cosa ne pensa di questa idea, se gli sembra eticamente corretta. Per contro e ridendo mi risponde che per una birra può ben chiudere un occhio! Così dopo un veloce riposino riparto col sorrisetto e dopo un’altra clessidirina passo di slancio l’ultimo passaggio duro e mi ritrovo su terreno più facile che dopo una decina di metri si interrompe in cresta. Finita! La corda e fortunatamente anche la via! Ma ora bisogna trovare una sosta, alla fine batto gli ultimi tre chiodi rimasti e faccio venir su Marco.

 Che soddisfazione e che bella via. Una sequenza di emozioni lunga più di 400 metri. Mentre Marco sale mi gusto per filo e per segno tutta quella sequenza di sensazioni che mi hanno portato quassù. Alla fine mi sembra quasi assurdo come una roccia alta tre, quattrocento o mille metri possa farci tanto divertire e darci certe soddisfazioni. Certo, agli occhi di chi non potrà mai capire, le nostre soddisfazioni valgono meno di niente ma per noi, a volte, sono davvero la cosa più importante. Anche questa volta sento di aver superato, anche se per un pelo il mio limite psicologico e questo mi basta! Marco sbuca dalla parete e interrompe  i miei pensieri . Dopo le reciproche congratulazioni dobbiamo già pensare alle  calate in corda doppia. In discesa rinforziamo le soste e sostituiamo i cordoni vecchi con quelli nuovi. Un bel lifting per questa via che se l’è proprio meritato. Una volta a terra ci concediamo pure una sigaretta osservando il rosso tramonto e assaporando quell’attimo di pace e tranquillità che rimarrà scolpito nei nostri animi credo per sempre. Infine ci mettiamo a correre giù per il sentiero e felici raggiungiamo l’automobile che dopo un pasto frugale e veloce dovrebbe riportarci a casa ma ormai è un po’ troppo tardi, forse è meglio chiudere qui questa giornata e darci un meritato e necessario riposo; a Trieste si può arrivare anche domattina.


 Recuperata l’automobile a Palmanova mi dirigo celermente alla volta del Magazzino sperando di arrivare puntuale al solito quotidiano appuntamento lavorativo. Parcheggio l’auto e sostituisco i comodi sandali con le solite scarpe anti-infortunistiche sporche di pittura e malta. Un altro weekend è letteralmente volato via, ma questa volta è durato qualche ora di sottile piacere in più.

                                                                                               RomBoss


4 commenti:

  1. Bella lettura di primo mattino seduto sopra la tazza magica,me sembrava de esser la e vederve,bravi amici

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  2. Complimenti! la prossima volta che ande' a far un A3 ciameme che ve mostro mi come se passa!
    Shiro

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