A volte, fugaci ma chiarissimi come dei lampi, certi pensieri
fendono il mio animo ed io con altrettanta rapidità li caccio e a fatica li
sostituisco con altri più onorevoli o
semplicemente, a mio avviso più piacevoli. Sto parlando delle domande che ogni
tanto sorgono spontanee mentre si sta facendo un certo tipo di attività, per
esempio: “ ma che ci faccio qui, perché
tanta fatica?!”, “ma chi me lo ha fatto fare?”
A voi capita mai di pensare certe cose?
Io direi invece che
ho sbagliato l’introduzione di questo testo, invece che “a volte” avrei dovuto
dire “spesso”. Durante la pratica dello scialpinismo e non solo (soprattutto
con il GheyTeam) mi è capitato sovente di pormi certe domande. Una volta non
ricordo se ho sentito dire oppure ho letto che, se mentre stai facendo una
qualche cosa e ti sorgono spontaneamente domande di quel tipo, allora forse non
dovresti trovarti in quella situazione. Quindi ho sempre cercato di cancellare
certi pensieri dalla mia mente, finché un giorno ho pensato di analizzarli e di
rispondere a quelle domande. Prima delle conclusioni però, una piccola premessa:
-“Fa freddo, molto freddo,
beh ma dai tra un po’ ci si scalda camminando.” Le pelli di foca raschiano il fondo gelato
mentre i muscoli si scaldano ed il respiro inizia a farsi affannato “ma perché bisogna correre così già dall’
inizio?!” dopo aver rotto il fiato con tosse, smoccolate e dopo aver espulso una bella quantità di muco il
corpo inizia a funzionare sempre meglio, tanto che ad un certo punto ti sembra
quasi di stare bene e ti godi il panorama. Sempre se non sei avvolto dalla
nebbia o immerso in una nevicata, comunque una bella sensazione che purtroppo
dura poco poco; sai quello che ti
aspetta, dislivello, tempi di percorrenza, altitudine, ma spesso quei numeri
sono come un dipinto astratto, non riesci ad interpretarli a dovere, quindi
credi di sapere ma non sai proprio niente e nemmeno te lo immagini. Infatti ad
un certo punto, piano piano senza neanche accorgertene, mano a mano che le ore
passano e i metri di dislivello si sommano, inizi a sentire qualche dolorino
qua e la, gli scarponi iniziano a farti male, il sinistro stringe troppo e ti fa
venire una vescica sullo stinco, il destro invece è troppo lasco e ti fa una
vescica sul mignolo o viceversa, chi lo sa, prova ne è che i piedi iniziano a
dolere. I muscoli si fanno sentire, pulsano e tirano mentre tu imperterrito
continui a spingere sulle pelli di foca, affinché facciano presa sul terreno
ghiacciato, ma loro non tengono e scivoli, tutto il peso sulle braccia, occhio,
stai per cadere ma le braccia puntellate sui bastoncini tengono.
Però dopo un po’ di progressione su terreno ripido
anche i tricipiti si fanno sentire. Per fortuna che il sole (se c’è), scioglie
un po’ la neve e le pelli aderiscono
meglio, ma ormai le scorte energetiche del proprio corpo si sono un po’
esaurite e la quota inizia a farsi sentire. Il passo rallenta e la pendenza
aumenta, l’andatura non è più quella
spavalda della partenza. Allora giunge il momento di una pausa, non siamo
neanche a metà salita. Questa volta la salita è veramente lunga. Dopo questa
breve pausa ristoratrice si riparte, ormai il sole mi ha cotto per bene e
l'altitudine sta facendo il resto, ma per il momento non me ne rendo ancora
conto. Non so come, ma sono riuscito, forse tirandole fuori dallo zaino come un
prestigiatore il coniglio dal cappello, un minimo residuo di energie per poter
proseguire la salita. Così riesco a trascinarmi ancora verso l’alto, riesco a
seguire questa frattura diritta, scavata nel manto nevoso che noi chiamiamo
traccia e che dovrebbe portarmi in cima. Piano piano il tempo volge al brutto e
vengo avvolto da banchi di nuvole vaganti e da un leggero venticello. Mi copro,
mi sento svuotato e debole.
Riparto e punto verso una piega del terreno che mi
sembra sia la fine del pendio, la fine della salita, ma non ci riesco, sono
sfinito, seguo la traccia e guardo le punte degli sci che avanzano a ritmo
alternato e regolare come un pendolo, sono loro a scandire il tempo, non ho una
meta, sto semplicemente vagando. Verso dove? Non mi è ben chiaro, la nebbia si
fa più fitta ed ecco che sorgono le fatidiche domande; “ma che ci faccio qui e perché?” “chi me lo fa fare, perché proseguire?”. Le scaccio con un
grugnito e butto fuori un flebile soffio di aria calda che va subito a
mischiarsi con l’umidità delle bianche nuvole che mi avvolgono.
Il vuoto che ho dentro
mi pesa, nonostante sia un vuoto, mi sembra pesi tonnellate, eppure vado
avanti; “Perché?” Ad un certo punto
il terreno si fa più pianeggiante, sento meno fatica nel camminare, anche se
continuo a respirare con difficoltà. Le nuvole si aprono, come un sipario, mi
lasciano intravedere lo spettacolo. Magnifico, cime su cime, bianche e nere si
distendono verso l’infinito. In quell’attimo,
il nulla che ho nello stomaco spinge verso gli occhi delle lacrime e con
esse una strana gioia, indescrivibile, per avercela fatta o per la
consapevolezza di avercela quasi fatta, di aver raggiunto un punto, la cima che
comunque il più alto non è. Dovrei avercela quasi fatta, ormai dovrebbe bastare
ancora un piccolo sforzo. In lontananza vedo
gente che scende ed uno che sale; tra le molte serpentine lasciate dagli
sciatori si vede netta e diritta come il bordo di un righello la traccia di
salita. Non è finita manca ancora un po’. Però inaspettatamente la gioia rimane
e proseguo rinfrancato, tanto oramai ci siamo, lì dovrebbe esserci la vetta,
oltre quell’ ultima rampa. Però oramai sono colpito dalla rarefazione dell’aria,
cerco di respirare ma è come se qualcuno mi tappasse la bocca ed il naso con
uno straccio. Devo fermarmi. Ogni dieci passi devo bloccarmi, appoggiarmi ai
bastoncini chiudere gli occhi e riprender fiato.
Così va avanti già da
un po’ eppure mi sembra di esser fermo, allora inizio a contare i passi, uno
due… dieci e stop. “Ma perché? Perché
tutta sta fatica?” Eppure vado avanti, uno due… dieci e stop. Inizio a
pensare. Meglio di quella volta che il vento soffiava fortissimo e spazzava
tutto con una miriade di granelli di ghiaccio, compresa la mia faccia. Freddo
fa comunque ma non lo sento neanche, ho altro a cui pensare, le vesciche
doloranti ed i muscoli esausti che vanno
avanti a singhiozzo come le nuvolette di vapore che escono dalla mia bocca. Non
riesco a pensare qualcosa, in realtà non ricordo bene forse perché non
pensavo proprio a niente. Forse si ,
pensavo a cosa avrei mangiato dopo, una volta sceso a valle e che buono che
sarebbe stato quel cibo. Ad un certo
punto però, vedo due sci piantati nel terreno, mi guardo intorno e nella nebbia
scorgo una croce, oppure no, solo una figura che cammina verso la cuspide, non
ricordo, la neve lo cinge fino al bacino e lui continua a salire poi si volta e
mi dice di venire che lì è finita. Non ho più lacrime, le ultime si sono
congelate attorno agli occhi e alle lenti dei miei occhiali. Però sono felice!
Anche se sinceramente non so, al momento sono solo contento che sia quasi
finita. Il mal di testa si fa sempre più forte, se sto fermo, un po’ mi passa
ma non serve, devo ancora sciare fin giù, altro che sciata da urlo. Sì! Da urlo
per il dolore, se riuscissi ad urlare! Tutti pensano che la discesa sia meno
faticosa. A volte non sarei tanto d’accordo...-
Non è il racconto della salita a qualche cima di 8000 metri,
è un accozzaglia di emozioni e sensazioni provate sulle cime di 3000/4000 metri
salite con scarso allenamento e a volte con il meteo non proprio adeguato.
Insomma in puro stile GheyTeam! Mi sembra logico porsi certi quesiti che oserei
definire esistenziali. Se non altro in quei momenti!
Quindi ora dovremmo passare alle conclusioni! Che però essendo varie e più o meno complesse, ve le faremo leggere a breve, una sorta di storia a puntate! Ovviamente qui sul blog del GheyTeam!
by your Storyteller
Sborra!
Sborra!
Le stesse domande possono sorgere anche ogni mattina quando suona la sveglia....
RispondiEliminaInfatti, perche' porsi questi problemi quando puoi passare la tua giornata in un ufficio, ad adempiere a compiti e doveri, con un capo premuroso che si preoccupa di te e che per questo ogni mezz'ora ti chiede a che punto sei col tuo lavoro, circondato da facce amichevoli o commiserevoli che condividono la tua medesima sorte quotidiana, con aria tropicale anche in pieno inverno, e gelida in piena estate, stupendi poster di montagne innevate o spiagge tropicali appesi sulle parteti di metallo, comodamente seduto su una sedia 9 ore al giorno, al riparo dai raggi ultravioletti fin le 7 di sera?
RispondiEliminaE con questa tua opera fai anche del bene senza accorgertene, perchè contribuisci in prima persona, pagando le tasse, a prenderti cura di noi politici, finanziari, e anche di consiglieri, amministratori, avvocati, poco-invalidi, escort, autisti, ecc.
senza la vostra opera quotidiana anche noi saremmo dei poveri coglioni come voi.
Complimenti per il vostro divertente ed allegro sito, ma lo farò offuscare il prima possibile perchè uno potrebbe lavorare invece di leggere queste blasfemie e porsi inutili domande!
La Vostra Devota Elsa Fornero
Ah, ah ,ah, chi lavora xe mona!!! Mi guadagno ben con le corse truccate dei cavai!
RispondiEliminaTopoGigio