Guglielmo Artemisio Fermer nacque nell’agosto 1853 a Torino da genitori borghesi di affermata fede irredentista e impegnati attivamente nello smaltimento di rifiuti pericolosi. Fin da piccolo dimostrò un particolare interesse nei confronti di ammassi di ghiaie, discariche edili abusive e terrapieni instabili al punto che già all’età di 5 anni intasò parte dei canali di irrigazione delle campagne limitrofe alla sua abitazione dopo aver causato un oculato sistema di frane che andava a colpire i collettori principali dell’acqua. Durante il periodo di studi si dimostra uno studente di scarse capacità con una leggera indole verso la fisica e la letteratura romanza; i suoi insegnanti sostenevano che in aula Guglielmo fosse più interessato alle crepe dei muri che alle lezioni stesse.
All’età di 20 anni lascia Torino per dirigersi a Parigi per studiare filosofia secondo il volere del padre. Guglielmo non trovando motivazione e stimoli in questa materia si impegna poco nello studio e continua le sue ricerche in materia di frane e pareti instabili. Al secondo anno di università, mentre analizzava una vistosa crepa nel muro portante della palazzina degli uffici del rettore con un tondino d’acciaio, fa crollare l’intero edificio e questo gli costa l’espulsione.
Il padre rassegnatosi di fronte a questo evento sconcertante permette al figlio di iscriversi alla facoltà di ingegneria mineraria all’università di Pisa. Fermer trova in questa materia molti punti in comune con i suoi interessi personali in particolare rimane affascinato dalle lezioni di stabilizzazione di gallerie franose e in breve tempo si distingue tra i migliori studenti. Nel 1879 si laurea a pieni voti con lode e bacio accademico del rettore stesso.
Trova subito impiego nell’impero austro-ungarico presso le miniere di Idrjia e successivamente a cave del Predil dove rimarrà affascinato da alcune imponenti pareti di ghiaie verticali delle alpi giulie e carniche. In un ambiente florido come questo conosce personaggi di spicco come il conte di Brazzà, Vladimiro Dougan e vari clanzisti giulio-carnici d’elite. Presto si distingue per i suoi studi di alpinismo teorico su roccia friabile e nel quinquennio 1901-1906 pubblica importanti articoli scientifici sull’arrampicamento teorico ed enuncia il primo teorema di Fermer destinato a rivoluzionare le tecniche di progressione su itinerari verticali instabili. Nel 1913 durante una risalita esplorativa di un marcione verticale sullo Jof di Miezgnot intuisce il celebre secondo teorema di Fermer. Non disponendo del solito quaderno degli appunti riporta dimostrazione ed enunciato su un rotolo di carta igienica. Purtroppo, citando la tradizione popolare il secondo teorema è destinato a “finire in merda”, dal momento che Arnold Fruhstuck, guida alpina fidata di Fermer, viene colto da una diarrea fulminante dovuta forse agli eccessi della serata precedente e utilizza barbaramente la carta igienica con sopra il teorema. Si perde così la dimostrazione di una delle più importanti pietre miliari dell’alpinismo teorico. Negli anni successivi Fermer si arruola come volontario nell’esercito austro-ungarico e combatte contro l’Italia e muore di pertosse a Boston nel 1927 lasciando in eredità tutti i suoi scritti alla famiglia Lamas.
Il secondo teorema di Fermer rimane tuttora senza dimostrazione.
Primo Teorema di Fermer
Il prodotto del volume di roccia marcia per la forza di compressione ad essa applicata è direttamente proporzionale al carico di rottura sopportabile.
Dove:
N: forza di compressione [N]
V: Volume di roccia marcia [m3]N: forza di compressione [N]
T: carico di rottura [N/m2]
k: costante poli-volumetrica di Fermer [m5]
Ovviamente il significato di base del teorema è: “più roccia marcia si comprime e maggiore è la probabilità di sopravvivenza”. Il teorema di Fermer trova la sua migliore applicazione pratica con il celebre morsetto Fermer (vedi figura 1).
Figura 1: Morsetto Fermer di tipo automatico.
Tabella delle principali costanti poli-volumetriche di Fermer | |
Gran marcione delle giulie | 8,3 106 m5 |
Legoland dolomitico (ammasso di pietre instabili ed estraibili) | 2,6 102 m5 |
Crostoni e lame instabili delle chianevate | 1,7 m5 |
Ammassi di lame marce della val rosandra (crinale) | 2.6 m5 |
Conglomerato di fango e ruderi della Mostrojka | 5,9 104 m5 |
Sfasciumi generici da vetta | 6,4 102 m5 |
Polverini e marciumi vari da conglomerato muschioso | 9,8 103 m5 |
Ghiaioni letali della creta grauzaria | 7,9 106 m5 |
ootimo lavoro reverendo,menomal che nel gruppo gavemo studiai de un certo livel,mi purtroppo non son fra quei, dunque dovro studiar queste regole fisiche che podessi aiutar la mia progression in scalata su marzi
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