Inizio a salire il primo tiro della via, un apparentemente semplice 3a. Mi ritrovo a stringere tacchette millimetriche, lateralini minuscoli, fessurine da monofalange ed il tutto con i piedi in spalmo.
Iniziamo bene penso, il solito primo tiro da “psicostronzi”. Anche il neuro, appena mi raggiunge in sosta dichiara che secondo lui questa prima lunghezza potrebbe essere tranquillamente 6a se non anche 6a+.
Ma senza farci troppo caso proseguiamo.
I tiri successivi sembrano più normali, 4b,4a…I muscoli pompano sangue, la testa entra in modalità “se te svoli te mori”. Salgo il più velocemente possibile, dimenticandomi anche di proteggere ogni tanto. La concentrazione è tale che riesco a vedere il mio chakra interiore.
Dobbiamo salire veloci perché il tempo passa inesorabilmente. L’orologio della morte segna le 15:00.
Siamo a novembre, quindi ci resta solo ancora un’ora di luce o poco più! E come dice il saggio Topo Gigio
-In montagna co fa scuro, no riva miga el camerier con le putane e il champagne…riva el freeedo!!-
Quindi meglio sbrigarsi.
Saliamo più velocemente possibile però ecco che ad un certo punto, per una serie di sfortunate coincidenze arriva il caos. Il Neuro conduce la cordata e decide di unire due tiri relativamente corti, un 4a e un 5c, in un’ unica lunghezza per accelerare i tempi e tagliare fuori una sosta. Solo che proprio in questa parte di parete si intrecciano varie vie, stile “Labirinto del Mignottauro”. Mentre il Neuro sale controllo la relazione e vedo che il 4a dovrebbe deviare sulla sinistra, però ho visto una cordata andare sulla destra. Forse dovrei guardare la relazione con uno specchietto? Mentre rimugino su i problemi di lettura della guida, il Neuro continua a salire, leggermente verso destra seguendo il suo istinto alpinistico. Inizio a pensare che stiamo sbagliando qualcosa; è tardi e si fa buio, ci manca ancora troppo per uscire dalle difficoltà e per giunta non siamo sicuri della direzione da seguire. Ormai cosa posso fare?Non mi resta che sperare di vincere l’ambito premio GheyTeam e per farlo dovremo battere gli altri rivali che hanno già vissuto delle vere avventure! Ad un certo punto il filo dei miei pensieri viene interrotto dal fatidico grido”Blocca, bloccaaaaa”.
Il Neuro dopo aver attaccato quattro rinvii del presunto tiro di 5c si rende conto che le difficoltà sono effettivamente un po’ troppo alte per quel grado.
Osservo meglio e lo vedo appeso davanti una fessurina svasa e in strapiombo mentre mi grida di guardare la relazione e di dirgli la via giusta. Sempre senza specchietto cerco di interpretare la relazione, se non sbaglio lui si trova su un tiro di 7b, allora gli grido di scendere e di procedere più a destra. Sempre per la teoria dello specchietto, infatti poco dopo il Neuro inizia un lungo traverso in stile “Napo” che lo porterà a trovare la presunta sosta a circa una trentina di metri alla mia destra. Siamo al crepuscolo, il Neuro si mette la frontale e procede sul tiro successivo che dovrebbe essere questo fatidico 5c; il tiro chiave. Se riusciamo a passare questa lunghezza con l'aiuto delle ultime luci crepuscolari, poi dovremmo riuscire a proseguire con le frontali e raggiungere il sentiero in cresta.
Però come avete già capito quello non era un 5c, bensì un qualcosa di non ben definito che le divinità della scalata hanno deciso di regalarci. Nonostante tutto dopo un po’ sento le parole più belle che io potessi sentire in quel momento “molla tutto”. “Yeeeaaahh, penso el xe rivà a farghela, no gavevo dubbi!!”
Ormai il buio ci avvolge completamente, scalo tutto il tiro tirando l’ombra di prese e calcando degli appoggi immaginari. Infine arrivo su un terrazzino sospeso in piena parete e trovo il neuro con la faccia trasformata, mi sembra di vedere l'urlo di Munch. Noto poi con estremo piacere che la sosta è composta da due alberetti, ai quali non ci resta che affidare la nostra sicurezza. Sono ormai le 17 passate e discutiamo se finire il tiro con la frontale. Il Neuro mi dice di essere sfinito e che non ce la fa a continuare. Io non vedo nessun spit ma so che più su ci deve essere. Per un attimo penso di proseguire, “ quasi quasi anche ghe provo”. Questo attimo di follia dura veramente poco… “ Ma sa che anche no!!”. Volare direttamente sulla sosta non mi alletta più di tanto, con questa sosta poi!
Infine decidiamo di sistemarci per la notte e proseguire il giorno successivo.
Alle ore 18 inizia la lenta agonia della notte. Niente camerieri con puttane e champagne, solo scomodità e freddo. Riesco a sistemarmi a cavalcioni di un alberetto. Il tronco fra le mie gambe funge perfettamente da laccio emostatico e da dilatatore anale. Il Neuro non se la passa meglio, quindi decidiamo di fare della ginnastica ogni venti minuti per prevenire trombi o congelamenti. Per fortuna siamo riusciti a costruire una sorta di tendina utilizzando il sacco corda.(cosa fazevi col sacco corda in parede???:-) N.d.r.)
Il nostro appartamento è dotato di camera matrimoniale con riscaldamento autonomo dovuto alla costante aerofagia. Dalla finestra vediamo il mare e siamo pure dotati di una tv a 1pollice, lo schermo della mia macchina fotografica. Così per qualche oretta ce la passiamo più o meno serenamente.
Però puntualmente dopo queste orette di pace arriva il freddo col suo manto gelato ad avvolgerci in un abbraccio rigido e senza pietà. Osservo il viso pallido e privo di espressione del mio fedele compagno di cordata ed esclamo “ ciò vedo la gente morta…”. Dobbiamo combattere il freddo trovando il modo di scaldarci a vicenda. Cerchiamo la posizione ideale per dormire come un unico corpo, il kamasutra ci viene in aiuto. Proviamo di tutto, pecorina, smorza candela, cravatta, 69; alla fine però la sistemazione migliore è quella che ci viene più istintiva. Io seduto fra le gambe del neuro. Come la mamma che stringe il proprio figlio in grembo. Il tempo passa e noi dobbiamo razionare tutto: cibo, acqua e la cosa più importante in questi casi, i “cicchini”.
re 24:20, inviamo il primo sms di allerta a Silvia che ovviamente è a Trieste:
“Aiuto xe urgente, roba de far gelar el sangue.”
Ore 24:30, chiamiamo Michelone:
“Semo sperdudi a 200metri sull’Anica, in caso de piova ciama i soccrosi, quei veri no el GheyRescue Team!”
E tanto per tenerlo sveglio ci mettiamo d’accordo che ci chiamerà ogni tre ore per sicurezza.
Ore 1:00 Guardiamo il cielo stellato come facevano i vecchi pescatori, piccole palline luminose su una tela nera come l’inchiostro.
Ore 2:00 niente palline luminose, solo nubi minacciose. La paura della pioggia ci assale ma vien subito ricacciata via dal nostro animo impavido.
Ore 2:30 prima pioggerellina, “Semo fottudi”; animo impavido perso.
La notte trascorre lenta con questa alternanza di pioggia e non pioggia. Anche il nostro umore segue di pari passo il volere del cielo.
Alla fine la pioggia cessa e i primi chiarori si scorgono in lontananza dietro le cime del Velebit.
La luce che a breve inonda la vallata scaccia completamente i fantasmi della notte.
Alle ore 7:00 iniziamo i preparativi per scalare gli ultimi tiri. Ci dividiamo gli ultimi biscotti per avere un po’ di energia nei muscoletti sciupati dalla nottata appena trascorsa. Siccome il Neuro decide di partire da primo, gli dono uno dei miei biscotti per dargli coraggio. Dopo pochi metri torna in sosta dicendo che è troppo pericoloso. “Cazzo, podevo magnarme mi l’ultimo biscotto!!”
Infatti ora tocca a me. Incitato dalle urla del mio compagno e con un profondo senso di deja vu mi ritrovo a metà tiro. L’adrenalina mi scorre nelle vene al posto del sangue. Incastro un piede, pinzo alto di sinistro, alzo i piedi, incastro nuovamente il piede in una lama, mi allungo ad una tacchetta bagnata, stringo con tutto me stesso, alzo il piede in una conchetta umida, mi alzo ed eccomi in sosta!
Recupero piano piano il Neuro e nel frattempo mi guardo il tiro successivo. Placca violenta, molte prese bagnate e manca pure uno spit. Tiro le conclusioni e avviso il neuro che sta per arrivare in sosta; “si si, xe facile , te ghe la pol far!”. Ma appena egli alza lo sguardo si gira verso di me e mi guarda come se fossi uno dei frequentatori del Centro Igiene Mentale. Però il Neuro non molla e prova comunque, prima a sinistra e poi a destra in una specie di canaletta che sembra portare un po’ fuori via. Appena dopo essersi innalzato un metro sopra la sosta cade volandomi addosso. Siamo stravolti, in più osserviamo il cielo nuvoloso e dopo una rapida consultazione, vista l’impossibilità di proseguire ce ne ritorniamo mesti al nostro appartamento sospeso e con l’ultima tacca della batteria del telefono avvisiamo Michelone che allerti il soccorso alpino.
Ore 10:00 il recupero.
Fine